I contratti collettivi nazionali regolamentano il modo in cui viene calcolata la durata del periodo di comporto, ovvero il periodo durante il quale il lavoratore che si assenta per cure o terapie salvavita può conservare il proprio posto di lavoro. Il lavoratore che si assenterà oltre questo periodo potrà essere licenziato per giustificato motivo oggettivo
La risposta è sì. Dovremmo andare a vedere, tuttavia, cosa disciplina il CCNL, ovvero il contratto collettivo nazionale sul lavoro applicato al singolo dipendente. Alcuni contratti nazionali, infatti, prevedono che i giorni di assenza per malattia e per ricevere cure o terapie salvavita dovute alle patologie gravi come quelle oncologiche vengano esclusi dal periodo di comporto. Altri CCNL, invece, come ad esempio quello commercio, prevede che i giorni di assenza per malattia o per sottoporsi a cure e terapie salvavita saranno ricompresi nel periodo di comporto. Pertanto il lavoratore che, nel caso ad esempio del contratto collettivo nazionale terziario ConfCommercio, superi i 180 giorni, nei quali verranno ricomprese le assenze per malattia per patologie gravi, possa essere licenziato. Il licenziamento ricadrà nella tipologia dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo.
La legge 104/1992 prevede che il lavoratore disabile affetto da patologia oncologica possa richiedere direttamente i permessi retribuiti. Altresì possono richiederlo i suoi familiari entro il terzo grado di parentela.
I permessi ex legge 104/1992 possono essere richiesti sottoforma di tre giorni mensili oppure due ore giornaliere, a scelta del lavoratore disabile. Se a fruire dei permessi sono i familiari, potranno essere richiesti tre giorni ogni mese, soltanto se il malato non è ricoverato a tempo pieno.
L’articolo 7 del D.Lgs. 119/2011 preve la possibilità per il lavoratore disabile di richiedere un congedo retribuito della durata massima di 30 giorni annui. Esiste, inoltre, un congedo straordinario di due anni, non retribuito.